L'uomo contrario di Antonio Manta
Libro fotografico L'uomo contrario di Antonio Manta
Libro a tiratura limitata copie disponibile 5
Perché l’uomo contrario ? Semplicemente perché mi sono sempre sentito diverso.
Da ragazzo non mi piacevano la confusione, le discoteche o altre cose normali. Andavo con il mio amico Sandro a fare fotografie e sognavamo grandi viaggi. Sono sempre stato attratto dai luoghi ai confini del mondo e dalle persone che li abitano: la ricerca spasmodica di entrare in contatto con loro, di capire le loro abitudini, i loro pensieri. Non mi interessava il lusso o ciò che era artefatto, ma la vita delle persone comuni, semplici. Non ho mai parlato niente che non fosse il mio Toscano, ma con il linguaggio del corpo sono sempre riuscito a comunicare. Riuscivo a farmi capire, condividere e farmi accettare anche in posti remoti come Cambogia, Laos, Vietnam, India, Zambia, Marocco, Tunisia. I miei amici non si capacitavano di come io potessi farmi accettare senza potermi esprimere con la lingua del posto. Riuscivo a farmi ospitare, dormire e mangiare in capanne in Cambogia; rimasi in un carcere Ugandese per tre giorni, comunicando solo con lo sguardo e con i sorrisi. Per lo stesso motivo sono sempre stato attratto da chi viene considerato diverso, malato, povero e da tutto ciò che attiene quello che i molti definiscono disagio. Io, con queste persone mi sentivo e mi sento tutt’ora, in totale sintonia.
Ho pensato molto a questo, e sono arrivato a trarre un mio semplice pensiero. Pina, mia madre, appena dopo che sono nato si è ammalata del morbo di Parkinson. L’ho sempre vista su un letto o sulla sua poltrona, contorcersi nel suo dolore e nel suo tremore. Parlava malissimo e noi familiari dovevamo intuire cosa dicesse. Nonostante questo ho avuto un’infanzia bellissima, grazie a lei, ai miei fratelli Elena, Paolo e a mio padre Bruno “Cosimo”. Ero il più piccolo e coccolato, ed ero un ribelle nato, e devo veramente ringraziare i miei fratelli, che mi hanno sempre coperto e aiutato. Probabilmente ho sviluppato una mia particolare sensibilità cercando di capire mia madre e comunicando con lei a gesti e sguardi. In particolare lo sguardo mi ha sempre attratto; è, come dicono, lo specchio dell’anima. Tramite gli occhi, riesco a percepire emozioni e stati d’animo.
Ho scelto la Fotografia per esprimermi perché non so scrivere, e questo testo lo dimostra. Non penso che le mie fotografie siano belle o brutte, ma sono semplicemente una proiezione dei miei stati d’animo rispetto a ciò che sto guardando. Non ho mai fotografato per un’affermazione personale, ma solamente per comunicare ciò che ho dentro. Questo lavoro che presento è il frutto di molti anni di ricerca, dove per una mia curiosità mi sono avvicinato agli ospedali Psichiatrici, strutture che a tutti fanno paura. Ho voluto percepire i luoghi, le persone che vi erano e che sono ricoverate. Ho provato forti emozioni stando con loro, abbattendo le sbarre che li dividevano dal mondo Normale. Mi sono sempre sentito a mio agio, e, contro tutto ciò che nelle mie visite mi dicevano anche gli infermieri, non ho mai provato paura o sensazioni sgradevoli. Anzi, pace, tranquillità e rilassatezza. Loro mi percepivano come uno di loro ed io mi sentivo uno di loro. Sono anche io contrario, ma mi va bene e ne sono fiero.